L’innovazione professionale è la mia visione sul mondo del lavoro e della carriera…
Significa applicare al lavoro e alle professioni anche i paradigmi del marketing, del design e dell’innovazione.
Ma perché oggi è necessario?
In breve:
Per avere successo nel contesto attuale del lavoro non basta più imparare nuove competenze o acquisire ulteriore know-how.
Nessuno si “compra” competenze, certificati e conoscenze di per sé. Le persone, i datori di lavoro e i clienti sono interessati a risolvere problemi, soddisfare bisogni e avere supporto nello svolgere i compiti per loro più importanti: quello che per loro ha veramente valore.
Ma il valore cambia continuamente in questa epoca incerta e complessa: Le rivoluzioni tecnologiche, sanitarie, economiche e sociali ribaltano in poche ore i tradizionali piani di sviluppo professionale.
Diventa sempre più difficile porsi obiettivi a medio e lungo termine: nella carriera moderna l’obiettivo è avere un obiettivo!
Ecco perché occorre applicare alle professioni gli stessi metodi utilizzati dalle startup di successo. Metodi che permettono di progettare il proprio lavoro, in linea con le richieste del mercato e le proprie attitudini, valori, talenti e tratti della personalità.
Se le aziende oggi progettano il loro modello di business (business model), i lavoratori oggi devono progettare il loro modello di lavoro (work model).
Per farlo occorre passare dallo sviluppo professionale all’innovazione professionale.
Per esteso:
Siamo nell’era in cui l’innovazione agisce senza permesso, alcuni la chiamano “disruptive innovation”. La globalizzazione crea continuamente nuovi scenari competitivi, le policy pongono nuovi obblighi e la tecnologia diventa sempre più intelligente. Basti pensare all’impatto in tutti i settori delle tecnologie esponenziali quali digitale, IoT, robotica, stampa 3D e intelligenza artificiale.
Tutto ciò pone una pressione enorme sulle professioni che si perdono, nascono, trasformano e diventano liquide, digitalizzate, smart, remotizzate e chissà cos’altro ancora.
Il concetto di carriera (trentennale?) perde il suo senso: si passa all’era del progetto, obbligando i lavoratori a reinventarsi in continuazione.
Tutto si sistemerà prima o poi?
Alcuni dicono che tutto si riassesterà in qualche modo entro un certo periodo di tempo. Dimenticano che con la scorsa rivoluzione industriale quel periodo è durato 70-90 anni, con sofferenze personali molto concrete!
Ne sanno qualcosa gli albi professionali o i lavoratori in ambito finanziario che hanno subito duri colpi dalla rivoluzione digitale nel loro settore.
Similmente a quanto avviene per chi lavora in azienda e vive sulla propria pelle le conseguenze del mercato che cambia, ma non dispone di una mappa efficiente per orientarsi.
Lo stesso stress che leggo negli occhi di molti degli studenti che incontro: si iscrivono all’Università con la una vaga idea di una futura professione che magari non esisterà più alla fine del loro corso.
Le competenze sono la soluzione?
Saper governare il cambiamento a livello lavorativo è diventato obbligatorio, occorre rendersi competitivi e sapersi adattarsi costantemente.
In uno scenario del genere il buon senso suggerisce a tutti di impegnarsi al massimo (e quindi di aumentare il tempo e le risorse dedicate al lavoro) o di migliorarsi costantemente.
Così i più illuminati accedono a programmi di formazione, master e corsi di ogni genere, con un enorme pressione di diventare più tech, digital, social, smart, always-on, etc.
Molti parlano di sviluppo professionale e mettono al centro di tutto le competenze, soprattutto quelle digitali: sembra che la panacea di tutti i mali sia saper scrivere software! Dimenticando che presto saranno i computer a farlo al nostro posto.
Oltre lo sviluppo professionale
Ma i clienti e i datori di lavoro non comprano le nostre competenze né i nostri titoli professionali.
Sono interessati solamente alle soluzioni dei loro problemi e a soddisfare i loro bisogni e desideri. Sono interessati a ciò che loro considerano valore.
La mia visione è che non devono essere le competenze al centro di tutto bensì il valore.
La vera domanda da farsi non è: “come divento competente?” ma “come trasferisco nuovo valore e/o come lo creo in maniera più efficiente?”
Fortunatamente esiste già un paradigma che mette da sempre al centro il valore e ha codificato da tempo modi per crearne di nuovo.
Si chiama INNOVAZIONE.
Ecco perché penso sia arrivato il tempo di applicare i metodi del marketing e del design dell’innovazione alle professioni.
Occorre passare insomma dallo sviluppo professionale all’innovazione professionale.
Cosa significa fare innovazione professionale
L’innovazione professionale è la capacità di un lavoratore di innovare il modo in cui acquisisce, crea e distribuisce valore.
Significa aiutarlo ad orientarsi nel contesto del lavoro applicando le stesse metodologie utilizzate dalle aziende di successo: business model personali, personal branding, design thinking, intelligenza artificiale applicata all’employability e alla formazione, etc.
È stata la principale intuizione avuta da Tim Clark che con il libro Business Model You (edito da Hoepli e curato dal sottoscritto): ha reso tutto ciò fruibile anche per chi non ha competenze di strategia.
In BigName (l’organizzazione che ho fondato specializzata in innovazione di persone e team in ambito aziendale) siamo andati molto oltre, ideando metodi e modelli per affrontare queste sfide. Alcuni li abbiamo rilasciati gratuitamente nel toolkit dell’innovazione professionale scaricato spontaneamente da decine di migliaia di persone nel mondo. Approfondisci questi temi sul sito di BigName.
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