Il Problem Solving è una delle competenze che il World Economic Forum (WEF) ritiene fondamentali per sopravvivere al futuro del lavoro (che poi è già adesso).
Ecco perché uno dei regali più importanti che possiamo fare ai nostri figli è proprio quello di insegnare loro un metodo concreto per risolvere problemi.
Durante una lezione con Giorgio Nardone, ideatore del modello di Problem Solving Strategico, è stato proprio lui a raccomandarci l’importanza di far innamorare i bambini della risoluzione dei problemi. Anzi è bene sottoporli ogni giorno ad una piccola difficoltà che dovranno imparare a superare trovando le loro personali risorse.
La sfida più grande per i genitori spazzaneve come me!
Problem solving e rivoluzione industriale
Secondo la ricerca The Future of Skills – Employment in 2030 di Pearson, Nesta e Oxford Martin School, il mondo del lavoro nel 2030 si presenterà così:
I cambiamenti tecnologici e demografici, la globalizzazione, la necessità di una crescita più sostenibile per il pianeta, l’urbanizzazione crescente, l’incertezza politica sono solo alcune delle sfide che ci troveremo ad affrontare a seguito della nuova rivoluzione industriale. Ne parlo anche nella mia introduzione al concetto di innovazione professionale (ovviamente disegnato attorno al Design Thinking).
Anche questa ricerca ci dice che proprio il Problem Solving è una delle abilità più importanti che ci permetteranno di sopravvivere in questo scenario, qualsiasi sia la nostra professione.
Stinky and Dirty
Per questo mi sono innamorato immediatamente quando per caso ho scelto di far vedere ai miei bimbi Stinky and Dirty, un fantastico cartone animato del palinsesto di Amazon Prime Video: ho subito iniziato a guardarlo con loro. Mentre loro venivano catturati dalle avventure dei due simpatici protagonisti, ho iniziato a notare degli aspetti in comune con il Design Thinking, il metodo per la risoluzione di problemi non ben definiti usando la mentalità e gli strumenti del designer.
Il Design Thinking mi appassiona e lo applico ormai da tempo per i progetti di innovazione di team e persone in azienda: si tratta di un approccio molto potente per risolvere problemi con la mentalità del designer. Ma anche piuttosto complesso da spiegare, per questo ho sempre sognato di trovare un modo semplice e immediato per illustrarlo.
Stinky and Dirty: come è nato e perché
Si tratta di un cartone animato prodotto proprio da Amazon che racconta le vicende di due amici: Stinky, un camioncino per la raccolta dell’immondizia, e Dirty, un retroescavatore. I nomi sono tutto un programma 🙂
I due improbabili eroi si trovano in ogni puntata in una situazione problematica che, per essere risolta, richiede il loro intervento.
La storia è basata sui libri di Jim e Kate McMullan e sceneggiata e diretta da Guy Toubes, uscita per la prima volta negli USA nel 2015.
“Quello che amo di Stinky and Dirty è la loro capacità di imparare giocando e cercando di capire cosa funziona e, come insegnante, posso dire che questo è il miglior modo di imparare” spiega in questa intervista di Jessica Lahey, educatrice e autrice di “The gift of failure”.
Nel 2017 il Parents’ Choice Award for Television ha dato a Stinky and Dirty il primo premio motivandolo così:
“I bambini in età prescolare (e le loro famiglie) hanno un grandissimo bisogno di acquisire la competenza del problem solving […] questo cartone spiega il processo di valutazione delle situazioni, della ricerca di possibili soluzioni e del continuare a provare anche se i primi tentativi non danno i risultati sperati.”
I “designer” Stinky and Dirty
Stinky and Dirty insegnano ai bambini, e anche ai grandi, come affrontare e risolvere i problemi analizzandoli e mettendo in campo le proprie risorse per risolverli: Stinky è il personaggio più creativo, usa oggetti che trova nella sua amata spazzatura, fa con quello che ha, senza sprecare niente, Dirty, invece, è più razionale e orientato al controllo del processo.

Ogni loro avventura nasce dall’incontro con una difficoltà. I due piccoli eroi allora esplorano la situazione, il contesto in cui nasce il problema o prendono consapevolezza di dover affrontare una sfida. Lo scopo è capire le caratteristiche del problema.
È la prima fase di un processo di Design Thinking. Quante volte, infatti, non si riescono a risolvere certe situazioni proprio perché non si è identificato chiaramente il problema di cui ci si sta occupando.
Ti sarà capitato di partecipare a riunioni in cui si passa subito a cercare soluzioni, ma si ha la sensazione che qualcosa non sia ancora chiaro…vero?
Noi diciamo in questi casi che “si va troppo presto in soluzione“, situazioni in cui però ogni idea prodotta non sembra andar bene a nessuno! Forse perché non era chiaro il problema? Una frustrazione per tutti i partecipanti.
Imparare dagli errori
Altro aspetto è che questa indagine viene fatta da Stinky and Dirty nella maniera più efficiente che esiste: quella dei bambini. I due amici fanno delle ipotesi sulla natura del problema (del resto conosci davvero un problema provando a cambiarlo) e le testano immediatamente con dei piccoli esperimenti. Provano e falliscono, ma non gli importa. Continuano a provare e alla fine hanno successo. Stinky and Dirty è un cartone che insegna a imparare dai propri errori per apprendere.
Cambiare prospettiva
Spessissimo Stinky and Dirty provano a cambiare prospettiva sul problema per comprenderlo con nuovi occhi, guardandolo con gli occhi di qualcun altro o chiedendosi cosa accadrebbe in situazioni o contesti completamente differenti. Del resto come diceva William James: “Il genio altro non è che la capacità di osservare la realtà da prospettive non ordinarie“.
Descrivere visivamente
Man mano che il problema si chiarisce emergono i criteri con cui perseguire le soluzioni, Dirty si cimenta spesso in schizzi fatti sulla risorsa più abbondante in assoluto: la terra!
È il concetto di third object (se ne parla approfonditamente nel libro Business Model Team), spesso implementato nel mondo reale con dei Canvas come quelli inclusi nel nostro toolkit dell’innovazione professionale. Permettono di condividere una conversazione con concetti chiari e con lo stesso significato per tutti, a differenza delle parole, che sfruttano più un pensiero lineare.
Divergere e trovare soluzioni
Adesso che tutto è chiaro, si può partire con la fase di “brainstorming”.
Ma un problema non si risolve facilmente da soli e nel Brainstorming è importante la partecipazione di diverse voci. Occorre costruire sul valore dell’altro. Per questo ho trovato davvero interessante il momento in cui Dirty inizia a riflettere interiorizzandosi e Stinky gli dice “So cosa stai facendo, stai pensando! Fatti aiutare! Fatti aiutare”.
E questo il momento in cui Stinky & Dirty iniziano a dire spessissimo le parole magiche “e se”, “what if“, esattamente come nel Design Thinking!
Il cartone animato ha addirittura una canzoncina per questa fase, i miei bimbi la canticchiano spesso e quando sono in crisi su un problema mi piace ricordargliela.
Nessun giudizio entra in gioco: si costruisce liberamente sulle soluzioni dell’altro, con il massimo rispetto reciproco e si sfruttano sempre i propri punti di forza e usando le risorse che si hanno con sé in quel preciso momento, tipicamente, nel loro caso, la spazzatura!
Una volta trovata la soluzione Stinky and Dirty non perdono tempo, partono con la produzione immediata di un prototipo che testeranno e affineranno fino ad uscire dalla situazione difficile di turno in cui si trovano.
Non senza fare nuove amicizie nel processo!
Risorse per approfondire
Tim Brown, uno dei padri del Design Thinking, invece nel suo blog e nel suo libro “Change by design” spiega molto bene come si gestisce e a cosa serve questo metodo di risoluzione dei problemi.
Qui l’Interaction design foundation spiega le fasi principali del Design Thinking.
L’Annual Reviews of Psicholgy ci illustra, invece, quanto sia importante insegnare il problem solving ai bambini
Qui, invece, alcuni suggerimenti e spunti per coinvolgere i bambini nel problem solving.
…e qualche attività per i piccoli e anche per i grandi.
Presto arriverà anche un libro straordinario che curerò proprio io sull’argomento per Hoepli…
Molto interessante pensavo più difficile. Prima non sapevo cosa volesse dire problem solving perché non mastico l’inglese e pensavo chissà che diavoleria fosse anche se ho cercato di capirlo traducendo ma non lo afferravo bene nel suo complesso finale. Ora so che non è poi così difficile anzi è molto semplice come bere un bicchiere d’acqua. Praticamente si sta tornando ai tempi pretecnologico in cui per risolvere un problema devi prima osservare il problema che si è creato nel lavoro individuare da cosa è provocato e mettere lì tutte le soluzioni e varianti alle soluzioni e con i mezzi ordinari e non. Modificando ancora se necessario. Questo per me è osservare l’ovvio cioè quello che vedi e che c’è.