Socrate ci suggeriva di conoscere prima di tutto noi stessi.
Ma noi esistiamo anche in funzione delle relazioni che abbiamo con gli altri e conoscere il loro punto di vista non significa conoscere ancora di più una parte di noi stessi? Un’affermazione che mi suona ancora più importante nell’era dei Social Media, del community management e del marketing relazionale, dove talvolta scriviamo senza pensare a chi legge…
Outrospection
Nel video qui sotto Roman Krznaric propone l’idea dell’Outrospection. Vi ho trovato alcuni utili suggerimenti per approfondire i temi emersi durante il corso che ho fatto quest’estate sul design thinking. L’Empatia come strumento e come atteggiamento utile nel contesto della definizione dei problemi:
L’empatia come strumento sociale:
Un nuovo atteggiamento
Dall’atteggiamento tipico del secolo scorso, quello del self-help, guardare dentro di sé per migliorarsi, all’andare invece fuori da se stessi, dove vi sono le cose che contano veramente.
Il suggerimento di base è quello di essere meno introspettivi e più “extraspettivi” (outrospective).
Sul dizionario troviamo due definizioni di empatia:
- La prima tipologia è l’emozione condivisa, che ad esempio si ottiene se imitiamo alla perfezione l’espressione sofferente di un bambino.
- L’altra è una prospettiva cognitiva, un mettersi nei panni degli altri e guardare le cose con i loro occhi, le loro convinzioni, etc.
Questo per superare le etichette che diamo alle persone e non farci confondere o sviare dalle nostre convinzioni. Atteggiamento che, secondo l’autore, è stato utilizzato da Orwell fin dagli inizi della sua carriera, nutrendo il suo desiderio e la sua curiosità di comprendere meglio gli altri, facendolo alla fine sentire meglio, più in contatto con le persone, più connesso e cosciente.
Non solo individuale
Le persone molto empatiche sanno ascoltare.
Ecco quindi l’esempio di The Parent Circle, organizzazione israelo-palestiniana che fa incontrare i parenti di persone che hanno perso la vita nel lungo conflitto tra le due nazioni.
Il progetto ha messo in luce quanto alla fine il dolore sia lo stesso per entrambi le parti.
Non è solo una questione individuale, ma può essere assolutamente e collettiva.
L’autore fa notare come tutta la storia sia costellata da grandi picchi di empatia, così come da grandi abissi.
Ad esempio l’abolizione della schiavitù nel Regno Unito (1807!) alla fine fu ispirata dall’atteggiamento empatico di Thomas Clarkson, che ha fatto percepire lo stato terribile e i sentimenti devastati degli schiavi.
Quante volte diciamo o sentiamo dire male del comportamento degli altri, dei politici o dei colleghi senza metterci nei loro panni. L’apprendimento qui è che solo avendolo fatto è possibile sviluppare strategie di trasformazione e cambiamento, soprattutto sociale.
Puntare sull’empatia
Secondo l’autore, per far emergere questo strumento dell’intelletto umano, occorre forse celebrarlo in maniera esplicita nella società. Ad esempio dedicandovi delle istituzioni o creando uno spazio, una sorta di libreria umana, dove si possa scegliere una persona e “conversarvi”.
Uno strumento interessante per comprendere il problema della schiavitù moderna è: slaveryfootprint.org
"Ma noi esistiamo in funzione delle relazioni che abbiamo con gli altri e conoscere il loro punto di vista non significa conoscere ancora di più una parte di noi stessi?"
Devo discordare dal primo pensiero: noi esistiamo comunque, a prescindere dalle relazioni.
Concordo in pieno sulla seconda parte: dal confronto conosci più te stesso e l'ho visto sulla mia pelle 🙂
Come dicevo su Twitter, secondo post sull'empatia e credo che entrambi siano molto legati.
Giusto, aggiunto un “anche”…
😉