Mi ha impressionato rileggere un vecchio articolo di Tom Peters, CEO di FastCompany, pubblicato in un insospettabile 1997, con il titolo The Brand Called You, “la marca chiamata te”.
Ti consiglio vivamente di leggerlo, perché anche 10 anni dopo, si rimane ancora colpiti dall’attualità degli argomenti.
Peters prevedeva un futuro in cui la nostra attività lavorativa sarebbe stata principalmente consulenziale: prestatori d’opera, freelance, telelavoratori, magari senza un’azienda di riferimento. Largamente sostenuta dall’informatica.
Se ci penso, il telelavoro e il fiorire di iniziative quali eLance.com sembra confermare tale tendenza. Ma anche le grandi aziende si stanno tutte strutturando in questo senso, trasformando gli impiegati in tanti singoli imprenditori interni.
Certo non è ancora vero per tutti, ma lo è per molti.
In un contesto come quello, la differenza (il motivo per cui un cliente, interno o esterno alla mia azienda, decide di scegliere i miei servizi invece che quelli altrui), la fa la mia reputazione o meglio, il mio Personal Brand, la mia Marca personale.
Come diceva lo stesso Peters, qualsiasi sia la mia estradizione o età, io sono il presidente, amministratore delegato e responsabile Marketing dell’azienda chiamata “Io Spa”.
Occorre comportarsi come i grandi Brand: guadagnare visibilità, far parlare di sé…
Passaparola
Ma cosa definisce la tua reputazione?
No, non è certo il tuo Curriculum.
Le tue referenze, quelle sì.
Le cose che sai e che dimostri di sapere.
Le cose che hai fatto e che dimostri di saper fare.
Ma, soprattutto, quello che la gente dice di te.
Tutte cose facilmente gestibili nell’epoca del Web2.0, i Social Media o il Web Sociale che dir si voglia, dove il passaparola è parte del sistema, le opportunità di condivisione sono infinite.
Il Web2.0 è la rete fatta da utenti come te, proprio perché esistono strumenti per creare e per distribuire i tuoi contenuti e per creare relazioni.
Del resto non c’è niente di nuovo, come sanno bene i professori e i ricercatori universitari: pubblicare un articolo su una rivista di fama significa ottenere un incarico, finanziamenti e successo.
Ovviamente la strategia principe è il Social Networking, tipo Linkedin.
Visto che ho già tradotto un articolo di Kawasaki su questo strumento, vediamo qui di seguito alcune altre strategie:
Blog
Il principe di questi strumenti è sicuramente il Blog, il passaparola con gli steroidi, come diceva Yossi Vardi, il guru Israeliano di Internet.
Con i Blog puoi ad esempio:
- Farti trovare (visto che sono molto considerati dai motori di ricerca e appaiono spesso nei loro risultati)
- Aggregare una comunità di appassionati dello stesso argomento
- Creare relazioni con i tuoi clienti e con la competizione
- Evangelizzare circa gli argomenti relativi alla tua passione o il settore in cui lavori
- Aggregare i tuoi clienti, che possono incontrarsi tramite il tuo sito
Media Sharing
Un’altra importante strategia è il Media Sharing.
In questo contesto significa condividere e dimostrare “authority” sulla tua passione.
Tipicamente tramite YouTube e Slideshare e DocStoc.com.
Con questi siti puoi:
- Attrarre visitatori al tuo Blog
- Evangelizzare su argomenti di interesse
- Creare meccanismo virale che diffonde il messaggio tramite il contenuto di un video o di una presentazione
- Incrementare la tua notorietà
- Conoscere nuovi appassionati, esperti o possibili clienti
- Posizionarti come esperto del settore
Ad esempio, puoi fare come Mike Wesch, della Kansas State University, che studia l’interazione tra i media e l’uomo. Nel suo canale su YouTube condivide alcuni interessanti video.
Tra questi il celebre “The Machine is Us/ing Us”, vista, nelle sue varie versioni, da più di due milioni di persone!
Puoi anche imitare Brian Solis di PR2.0 che condivide i suoi eBook in PDF via DocStoc.
Per fare un esempio nostrano ti segnalo un bel video in cui Johnnie Maniero provoca la Blogosfera sul tema “esiste o non esiste il Web2.0”.
Secondo me un tema un po’ sterile, ma dopo aver visto il suo video, ho anche visitato il suo sito 980km.com, trovandolo interessante.
LifeStream
Un modo per permettere ai tuoi peer di tracciare la tua attività online tramite le strategie precedenti è il LifeStream (da torrente in inglese), chiamato anche Personal Feed.
Tra questi, i migliori (per me) sono Plaxo Pulse, privato ai soli utenti di Plaxo, e FriendFeed, che se vuoi può essere totalmente pubblico.
È davvero il modo migliore per tenere traccia dell’attività online dei tuoi amici e per farti seguire.
Scoble ne parla in un suo recente articolo.
Insomma, tutte strategie per far parlare (bene?) di te che sfruttano i servizi offerti dal Web2.0.
Altri metodi prevedono il Microblogging (tipo Twitter), il Social BookMarking, lo sviluppo di applicazioni, Widget, contribuire all’OpenSource o fornire servizi gratuiti, come fa Mario Menti con il suo TwitterFeed.
Siamo nel 2008 e il tema deve essere molto sentito, visto che esistono addirittura delle aziende che si occupano di ripulire la reputazione online di chiunque ne faccia richiesta (dietro lauta ricompensa, ovviamente).
E sempre nel 2008 Fastcompany torna a parlare di Personal Branding, questa volta applicato alla politica e in ottica Web2.0, tramite un articolo intitolato “The Brand Called Obama“, in cui parla della strategia Internet del possibile futuro candidato presidenziale democratico.
Grazie della segnalazione Luigi, sei molto gentile 🙂
a presto!
Bell’articolo…
Anche perché se non siamo noi a curarci della nostra reputazione online…se ne cura qualcun altro, come segnala wired su spock:
http://www.wired.com/techbiz/startups/news/2007/08/spock_reputation